
DESTIAMOCI
Calabria tormentata, maltrattata, umiliata se non addirittura derisa, negli ultimi giorni abbiamo assistito a tutto questo.
“Ma chi ci tirerà fuori dai guai?”
Dall’articolo del NY Times alle affermazioni dell’(poco)onorevole Morra, chi descrive meglio la Calabria ed i Calabresi?
Il primo, fa una descrizione “sentimentale”, condizionata da stereotipi alimentati da discussioni e commenti fatti dai visitatori e Calabresi expat che la vivono solo in quei particolari periodi dell’anno, quali festività e vacanze e narrano di morfologia e cucina e poco di politica.
Il secondo, preoccupato più del fragore che può scaturire dalle sue parole che dal significato delle stesse. “La Calabria ha quello che si merita…” nel descrivere una gestione politica della regione ed a seguito di una operazione giudiziaria che interessa la presidenza della giunta. Questa, però, sa di ordigno ad orologeria, fatto esplodere nel momento più opportuno per seguire logiche politiche e distogliere lo sguardo dall’incapacità, inadeguatezze, inettitudini (vedi la gestione del commissariamento della Sanità), nascondendole sotto la “veste” di quel male chiamato N’drangheta, usata come specchietto delle allodole. Certe lotte fatte in nome di essa, senz’altro, colpiscono l’opinione pubblica ma, in alcuni casi, nascondono le vere cause del malaffare che coinvolge altri aspetti quali la lottizzazione politica. Questa, ignorando i valori di merito, danneggia la collettività alimentando le inefficienze, distorcendo le scelte, aumentando i costi e la corruzione.
Dove sta, quindi, la verità?
Per rispondere in modo corretto bisognerebbe fare un excursus sulla storia di questa terra straziata da lustri di malgoverno e da gestioni, per usare un eufemismo, irresponsabili; ma diventeremmo, dispersivi.
La società calabrese è distinta anche da due aspetti: pregiudizi e clientelismo; queste però, non la rappresentano tutta ma solo quella parte che come dice Morra, vive si, in quel “circolo vizioso” di connivenze, astuzie e illegalità endemiche ma che dimentica è la stessa alla quale, questa politica si rivolge (Del resto, l’onorevole Morra è figlio dell’elettorato calabrese). Succede in Calabria, succede in tutta Italia. Questi rappresentano solo una minima porzione dell’intera popolazione, forse il 5%.
Da quando, poi, la “massa” decide?
Non è giusto far passare la fiducia che si rivolge al politico (astuto) che ammalia con le sue promesse, in connivenza.
L’onorevole Morra, nel suo dire, ha voluto includere quella gente, che spasima, si sacrifica, soffre, ogni santo giorno per superarlo e metterlo alle spalle.
Ha voluto fare dell’erba, un fascio. “Sbagliato”.
Sarebbe uguale dire che i politici sono tutti uguali, tutti conniventi e furbi. Rimane il fatto che quelli appartenenti a questa categoria, devono essere puniti assolutamente.
Bene, adesso, la questione di come la Calabria si potrà mai tirare fuori dalla situazione attuale, è molto discussa (e complessa).
Sui social si testimonia un malessere generalizzato soprattutto tra noi che la “viviamo” da fuori.
Ma quale è il limite che bisogna raggiungere perché accada il cambiamento?
Cambiare la Calabria (e l’Italia) vuol dire, necessariamente, cambiare queste cattive abitudini. Modificare l’atteggiamento è diventato obbligatorio e soprattutto, urgente adesso che, oltre alle enormi difficoltà economiche, si è aggiunta la delirante gestione della crisi ed il caso della Sanità è emblematico.
Cosa fare, quindi?
Prendere coscienza di tutto questo, stabilire che il limite, al quale la domanda si riferisce, si è ampiamente superato e che è arrivato il momento di agire.
Riunire le “menti” disposte a rapportarsi su un unico obiettivo: la Calabria come bene comune. Questa è la priorità e per farlo serve superare ogni tipo di pregiudizio.
Parlo di una Rivoluzione Culturale, usando come unica arma la matita. Si proprio la matita, il lapis, l’arma (metaforica) più potente che esista.
“Il voto è lo strumento più potente mai escogitato dall’uomo per abbattere l’ingiustizia e distruggere le terribili mura che imprigionano degli uomini perché diversi da altri uomini”.
(L. B. Johnson)
Questo non deve rimanere solo uno slogan ma diventare la via, che nel dire BASTA, ci deve far svoltare.
P x C

